Pierferdinando Casini e l’ansia da governo tecnico
Rientra nel “democristianese” puro la voglia manifestata dal leader dell’Udc Casini- nel programma di Lucia Annunziata, “In mezz’ora”- di assemblare un governo tecnico in grado di affrontare le riforme di cui necessita il nostro Paese.
Qualcuno, tra i colleghi del casinista, dovrebbe ricordare a costui come un governo democraticamente eletto come quello del centrodestra, forte di una robusta maggioranza parlamentare, non ha affatto bisogno del governo tecnico “all’italiana” per riuscire a portare avanti dei progetti di riforme economiche, sociali e politiche per le quali se ne parla già dall’alba della seconda Repubblica.
I precedenti, non sono molto edificanti per ciò che concerne l’idea di governo tecnico nel nostro Paese, ossia, un esecutivo che nella maggioranza dei casi è gradito al presidente della Repubblica, tendente a sinistra e inutile ai fini di una corretta programmazione riformistica.
Tutti ricorderanno di certo, come, nel lontano 1995, sulle ceneri del primo governo Berlusconi, fatto fuori ad opera del ribaltone marca Lega e Scalfaro, Lamberto Dini, tecnico in area centrodestra costituì un governo di tecnici con i voti e gli uomini vicini alla sinistra.
Quel governo, nonostante la debolezza che lo caratterizzò, tirò a campare per un anno e pochi mesi, con un bilancio che dimostrava, a livello riformistico, solo il trapasso che si fece in ambito pensionistico dal modello retributivo a quello contributivo.
Per ciò che concerne il resto, quell’esecutivo rappresentò un vero e proprio pastrocchio politico come quello successivo, per cui, Antonio Maccanico, si stava adoperando a costituire, solo che in quel caso, provvidenza volle che tutto naufragò e si andò a elezioni anticipate.
Dopo aver rinfrescato la memoria al signor Casini sarebbe utile rinnovargli anche l’idea che di slogan politici, noi italiani, ne abbiamo le tasche piene.
Durante il programma della Annunziata, il leader casinista, ha affermato la voglia di costituire un “partito della Nazione” che non sia l’immagine speculare dell’Udc prossimo al pensionamento ma l’immagine di un partito nuovo fatto appositamente per gli interessi del Paese.
Sembra di essere, in questo periodo, tra finiani in controcorrente nel Pdl e vecchi democristiani in odore di finto rinnovamento, in pieno periodo giacobino francese dove tutti si sentono parte di un grande comitato di salvezza pubblica.
Si cercano gli espedienti del governo tecnico (notizia maldestramente reinterpretata da Casini), dei partiti quasi di liberazione nazionale (dal solito tiranno) e dei grandi politici (Fini e Casini) all’insegna del peggiore “nuovismo” politico.
Non sarebbe più saggio e coerente lasciare a questa robusta maggioranza il compito di assolvere all’impegno delle riforme? Non sarebbe più corretto lasciare lavorare il premier, eletto democraticamente, e tracciare un bilancio solo alla fine della legislatura?
A tutti i casinisti del Paese l’ardua sentenza.
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